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Un team di astronomi ha osservato il primo possibile buco nero “vagante” nella storia: sembrava un’impresa impossibile fino a poco fa, ma un nuovo metodo ha cambiato completamente le carte in tavola – e lascia intendere che MOA-2011-BLG-191 (questo il nome ufficiale del corpo celeste), sarà solo il primo di una lunga serie di scoperte analoghe.

I buchi neri sono, per definizione, invisibili: la loro massa è talmente elevata che nemmeno la luce riesce a sfuggire alla loro attrazione gravitazionale. Sicché, non possono essere osservati direttamente: fino a questo momento, i ricercatori si sono concentrati su come la luce viene riflessa dalla materia ai loro perimetri. C’è tuttavia un limite evidente, e cioè che i buchi neri devono essere “vicini” (in ordini di grandezza astronomici, per lo meno) a sorgenti luminose. Il nuovo metodo sfrutta il fenomeno delle microlenti gravitazionali.

Sostanzialmente, significa che un buco nero o altri corpi celesti massicci sono in grado di deviare la traiettoria di particelle luminose emesse da elementi anche molto distanti ma opportunamente allineati. In pratica, all’osservatore arriva un’immagine distorta di un oggetto per via di un secondo oggetto posizionato più o meno direttamente sulla linea visuale; calcolando la distorsione rispetto all’originale è possibile risalire ai parametri chiave dell’oggetto intermedio, come per esempio massa ed eventuale velocità. Almeno con un certo grado di approssimazione.


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Di admin