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La guerra in corso in Ucraina ha improvvisamente rivoluzionato il mercato russo e, di conseguenza, l’intera economia mondiale. Limitando l’analisi esclusivamente al settore tecnologico, si è verificata una diaspora delle aziende occidentali – come stiamo riportando ormai quotidianamente – e il vuoto lasciato dai grandi brand che si sono schierati contro Putin lo sta cercando di colmare la Cina che, ad oggi, non si è schierata ufficialmente contro il conflitto mantenendo aperti i contatti con il Cremlino.

Tant’è che poco prima dell’invasione da parte dell’esercito russo Pechino e Mosca avevano stipulato nuovi accordi commerciali per il “sostegno reciproco delle due economie“: in altre parole, se Apple, Samsung e gli altri big hanno tagliato i ponti con il Paese, Huawei, Xiaomi, Oppo ed altri brand cinesi sono rimasti sul mercato. Tra l’altro con l’auspicio di guadagnare importanti quote e di espandersi sul territorio.

IL CROLLO DEL RUBLO

Esiste tuttavia un problema non di poco conto: il rublo. La moneta russa ha subìto una svalutazione senza precedenti – da 0,012 euro per un rublo di ottobre 2021 si è passati agli attuali 0,0071 euro – e ciò crea grossi problemi per chi – come le aziende tech cinesi – ha deciso di rimanere attivo sul territorio. In pratica, da quando è iniziata la guerra i principali produttori cinesi di smartphone hanno dimezzato le spedizioni verso la Russia perché la domanda è crollata. Si pensi che nel Paese 6 smartphone su 10 appartengono a brand cinesi.


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Di admin