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Il blocco imposto dalla Cina sulle transazioni in criptovaluta costa cara al Bitcoin, e in particolare a chi sulla moneta virtuale ci aveva investito. Nell’ultima settimana il valore è calato del 18,6%, e la stessa sorte è toccata anche alle altre principali valute: a titolo esemplificativo si citano Ethereum (-34,2%) e Dogecoin (-35,6%).

Quello del Bitcoin è stato preso dagli esperti del settore come un caso emblematico di un intero mercato: ieri ha persino toccato 31.390 dollari, il valore più basso degli ultimi quattro mesi (in questo momento è assestato su 37.550 dollari), dopo che nel 2020 era cresciuto del 100% (fino a 58.332,36 dollari) e ad aprile aveva toccato il record di 64.829 dollari. A quanto pare, diversi miner e piattaforme di scambio (la cinese Huobi su tutte) avrebbero deciso di interrompere (parte del)le loro attività dopo essere venuti a conoscenza della repressione in atto in Cina. Altri avrebbero invece optato per un trasferimento sul mercato americano, abbandonando del tutto quello cinese.

La decisione del governo cinese è destinata a rimodellare l’intero mercato, in quanto il mining di quel Paese rappresenta più del 65% del totale. Estromettere la Cina dal business significa ridimensionare il business intero. Non è nemmeno da escludere che parte della responsabilità del crollo sia da attribuire a Elon Musk, che ha bloccato il Bitcoin come forma di pagamento per Tesla attaccandolo per il suo impatto sull’ambiente. “Stiamo lavorando per rendere Dogecoin il più sostenibile possibile“, aveva detto di recente. Peccato però che anche la criptovaluta del popolo abbia subìto un tonfo non da poco.


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Di admin