Pare che neanche quest’anno Samsung abbia deciso di supportare i Seamless Update, una funzionalità di Android che è ormai piuttosto vecchia – risale addirittura ai tempi di Android 7 Nougat. Benché comporti benefici tangibili all’esperienza d’uso dei dispositivi, per qualche motivo il colosso sudcoreano, produttore numero uno dell’ecosistema del Robottino per quote di mercato, ha sempre preferito farne a meno.
Vale la pena riassumere brevemente come funzionano i seamless update, che vengono chiamati anche partizionamento A/B: la partizione di sistema (A) con tutti i file essenziali all’esecuzione di Android viene duplicata file per file, e rimane inattiva (B). Quando arriva un aggiornamento, viene applicato sulla partizione inattiva B; al riavvio del dispositivo da parte dell’utente, il sistema avvia con la partizione B aggiornata, e la A diventa inattiva. Di conseguenza, l’installazione di un aggiornamento è molto più rapida, perché avviene in background mentre l’utente può fare d’altro. Per l’utente è come se il processo di aggiornamento durasse semplicemente il tempo di un riavvio. La ridondanza offre anche maggiori opportunità di recupero del sistema in caso di crash, bug gravi e altri problemi causati dall’ultima patch.
Si vociferava che con l’avvento di Android 11 i Seamless Update sarebbero diventati obbligatori. Non è impossibile ipotizzare che Google abbia cambiato idea anche per causa della posizione di Samsung. Al momento, comunque, è importante osservare che ci sono solo forti indizi provenienti da fonti ufficiose, per quanto molto affidabili e competenti come Max Weinbach che ha rovistato tra i file di sistema di un’immagine di Galaxy S21 (non è perfettamente chiaro quale modello, se quello “liscio”, il Plus o l’Ultra); Samsung non ha ancora rilasciato conferme o smentite.
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