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Frode informatica: è questa l’accusa della Procura di Milano nei confronti di Wind (ora WindTre), rea di aver tratto profitto dai servizi telefonici a pagamento (suonerie, oroscopo, musica, …) che gli utenti si trovano spesso inconsapevolmente a pagare dopo che l’utente stesso – altrettanto inconsapevolmente – è caduto nella trappola dei banner ingannevoli “zero click” (ovvero che vengono attivati automaticamente appena si visualizzano, senza cliccarci sopra).

Altro che semplice intermediaria tra fornitore del servizio e cliente: il gip Stefania Nobile parla di frode informatica, in quanto la telco italiana tratteneva importanti percentuali che negli anni passati le hanno fruttato diversi milioni di euro. Da qui la decisione di procedere al sequestro di 21,2 milioni, ovvero la “percentuale incamerata da Wind per i servizi attivati pacificamente con modalità fraudolente” dalle società Brightmobi e Yoom che operano attraverso la piattaforma Pure Bros. A questi vanno aggiunti i 12 milioni sequestrati lo scorso luglio per lo stesso motivo, quando furono indagati 11 dirigenti dell’azienda e di società collegate.

Ora si tratta di capire chi fosse il responsabile all’interno dell’operatore telefonico italiano chiamato a segnalare e denunciare l’attività fraudolenta alle autorità competenti: non solo questo non è stato fatto, ma la stessa Wind ne ha tratto un enorme vantaggio economico trattenendo una percentuale sugli abbonamenti attivati. “Abbiamo già rimborsato 20 milioni di euro ai nostri clienti e bloccato i servizi a pagamento“, si difende Wind. Vero, così come riconosciuto dalla stessa gip della Procura di Milano, ma si tratta di risarcimenti per attività condotte nel 2019, dunque successive al periodo preso in esame nell’indagine che si ferma a novembre 2018:


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Di admin