Gli smartphone negli ultimi dieci anni sono diventati sempre più centrali nella nostra vita. Con il telefono possiamo comunicare e farlo in mille modi e con mille piattaforme diverse, condividere quello che facciamo, pagare, guardare video, giocare, lavorare: praticamente nessun ambito resta escluso. Spesso, poi, si tratta anche del modo più comodo per compiere un’azione, trattandosi di dispositivi tascabili, che quindi abbiamo sempre con noi, pronti all’uso.
Uno studio condotto da WhistleOut, che ha esaminato le abitudini di mille persone, ha provato a tracciare una stima del tempo che passiamo quotidianamente guardando lo schermo di uno smartphone, a prescindere dalle ragioni, e suddividendo i dati in tre fasce anagrafiche: quella dei Baby Boomers (ormai abbreviati in boomer, o boomeroni, dal flusso memetico) nati tra il 1946 e il 1964, quella della Generazione X, ovvvero dei nati tra il ’65 e l’80, e infine quella dei natri tra l’81 e il ’96, ovvero i Millenials.
Poco sorprendentemente, al decrescere dell’età corrisponde anche una maggior attitudine ad utilizzare lo smartphone: e quindi in cima alla classifica troviamo i Millennials con 3,7 ore di media al giorno, l’equivalente del 24% del loro tempo di veglia. Chi è nato e cresciuto insieme alla vera esplosione di massa dell’informatica ha mediamente una maggiore facilità ed abitudine nell’utilizzo della tecnologia in vari ambiti della quotidianità. Mancano tuttavia dei riscontri sulla generazione Z, ovvero quella dei giovanissimi, nati tra il 1996 e il 2010, che quindi hanno vissuto la diffusione degli smartphone nell’adolescenza, e non hanno quasi conosciuto un mondo che non li prevedesse.