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Le infezioni da nuovo Coronavirus avvengono in maniera molto irregolare, tuttavia ci sono dei luoghi in cui, più di altri, è facile infettarsi. Sono dei “punti di interesse” che, pur essendo solo il 10% dei luoghi frequentati ogni giorno, rispondono per l’80% delle infezioni: o almeno è questo ciò che dice una ricerca resa nota in questi giorni da Nature, e la parte più interessante, almeno su queste pagine, è che si basa su dati raccolti dagli smartphone.

La pandemia ha cambiato tanti aspetti della nostra vita, incidendo anche sui modelli di mobilità umana, cioè i nostri spostamenti. I ricercatori dell’Università di Stanford e della Northwestern hanno cercato di capire cosa è cambiato, elaborando un modello che integra i dati di mobilità dinamica ricavati dai telefoni cellulari per simulare la diffusione del Coronavirus nelle 10 aree metropolitane più grandi degli Stati Uniti, ovvero Atlanta, Chicago, Dallas, Houston, Los Angeles, Miami, New York, Philadelphia, San Francisco e Washington DC.

Per farlo, sono stati mappati i movimenti orari di 98 milioni di persone che si recano dai propri quartieri ai cosiddetti “punti di interesse” meta dei loro spostamenti, che sono ad esempio ristoranti, palestre, bar, studi medici, hotel o istituti religiosi. Il modello ha permesso di evidenziare come una piccola parte di questi punti di interesse, circa il 10%, sia responsabile dell’80% delle infezioni: ne deriva quindi che limitare il numero massimo di occupanti di questi luoghi sia più efficace rispetto a mettere in scacco la mobilità delle persone in modo uniforme.


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Di admin