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Ormai ci stiamo facendo l’abitudine: le galassie dei sub-brand che orbitano intorno a colossi come, ad esempio, Xiaomi, producono una quantità enorme di smartphone simili, ma con un brand e/o un nome commerciale diverso a seconda del mercato in cui vengono portati. Quella di Poco è la storia di un marchio giovane, che in realtà si distingue velocemente dalla massa proprio per l’originalità della proposta, col suo Pocophone F1 che grazie ad un hardware di fascia alta e un prezzo competitivo riesce a far parlare di sé in tutto il mondo.

Attorno alle nuove mosse del brand indiano, quindi, quest’anno c’era grande attesa. Intendiamoci: di recente abbiamo recensito l’ottimo Poco X3, con un rapporto qualità-prezzo veramente interessante, e F2 Pro resta una proposta da tenere d’occhio se si cercano caratteristiche di alto livello senza spendere troppo. Ma un vero e proprio erede di F1 non c’è stato: proprio F2 Pro, ad esempio, è un rebrand del Redmi K30 Pro. Così come l’M2 Pro, che è un’altra faccia di Redmi Note 9 Pro, o il recentissimo C3 che è un Redmi 9C.

Il catalogo Poco resta interessante, ma il brand ha perso in fretta la sua specificità. E spesso di fronte a queste politiche, noi utenti restiamo perplessi, e ci chiediamo perché. Una domanda che non sorge solo agli utenti occidentali, a quanto pare, dato che l’intervista del The Indian Express al Country Director di Poco Anuj Sharma si è concentrata precisamente su questo aspetto. La risposta è quella che molti avranno immaginato, ed è molto semplice: 


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Di admin