CONDIVIDI:

I principali 20 servizi di streaming musicale hanno pagato royalty pari a 424,4 milioni di dollari a The Mechanical Licensing Collective (MLC) . Si tratta nello specifico di royalty storiche maturate, una cifra decisamente importante che verrà impiegata per pagare editori e cantautori a partire dal prossimo mese di aprile. MLC, lo precisiamo, è l’organizzazione dell’Ufficio Brevetti statunitense incaricata di raccogliere le royalty provenienti da 20 diversi fornitori di servizi (DSP): questa cifra sarebbe da attribuire a una diversa gestione dei diritti introdotta a partire dal 1° gennaio che sostituisce la precedente struttura di licenze brano per brano.

Il maggior contributo, come si può rilevare dai dati presentati qui sotto, arriva da Apple Music, con ben 163 milioni di dollari. A seguire – e non è una sorpresa – Spotify, con 152 milioni. Il distacco con Amazon, che occupa la terza piazza con 42 milioni, è impressionante, a conferma del fatto che le gerarchie del settore sono ben definite, con il servizio di Cupertino e Spotify che confermano la loro leadership. Al quarto posto c’è Google (quasi 33 milioni), che quest’anno ha affrontato la transizione da Play Music a YouTube Music, e al quinto Pandora (12 milioni).

Come già era emerso lo scorso autunno, quando nel Regno Unito è stata aperta un’indagine per verificare che le forme di pagamento adottate dalle piattaforme di streaming musicale nei confronti degli artisti non fossero inique ed insufficienti, Apple è l’azienda che versa la quota più alta. E infatti nonostante un numero totale di stream nettamente inferiore a quello registrato da Spotify, è la mela morsicata a garantire il maggior guadagno per ogni singolo ascolto (il dato relativo all’UK è di 0,0059 sterline, contro le 0,002-0,0038 di Spotify).


CLICCA QUI PER CONTINUARE A LEGGERE

Di admin