La nostra attuale tecnologia missilistica in ambito aerospaziale si basa principalmente sulla potenza generata dai razzi chimici. É così sin dalla nascita di questo segmento e pur avendo affinato negli anni i processi costruttivi, tale approccio soffre di diversi limiti.
La storia ci insegna che gli sforzi focalizzati sulla ricerca di tecnologie innovative non sono mai venuti a mancare, spesso sfociando anche in progetti controversi come quello dell’EM Drive (propulsore a cavità risonante a radiofrequenza), soprannominato il Motore Impossibile, per il quale nessuno ad oggi ha potuto dimostrarne l’attuabilità, con buona pace di Newton e della sua terza Legge della dinamica.
La potenza chimica generata dai razzi di attuale utilizzo, come il Falcon 9 di SpaceX, Starship o il futuro SLS della NASA, si traduce in una spinta elevata ma ciò che viene a mancare è l’efficienza. I motori elettrici sono migliori sotto questo punto di vista, ma offrono una capacità di spinta minore. Prendiamo ad esempio i motori a ioni, possono rimanere attivi per periodi lunghi generando una spinta bassa, di conseguenza risultano generalmente più lenti e adatti ad una propulsione puramente spaziale per lunghe percorrenze.