Gli effetti del ban inflitto dagli Stati Uniti a DJI iniziano a farsi sentire: secondo le fonti di Reuters, la divisione nordamericana della società cinese sta subendo una notevole emorragia di dipendenti – alcuni sono stati licenziati, altri se ne stanno andando di propria sponte. Questo riguarda sia i regolari impiegati sia diversi dirigenti chiave, alcuni dei quali hanno deciso di passare alla concorrenza.
Un paio di cifre per rendersi conto dell’entità del fenomeno: circa 1/3 dei 200 dipendenti degli uffici di Palo Alto, Burbank e New York sono stati o si sono licenziati nel solo 2020. Appena lo scorso febbraio, inoltre, il responsabile della divisione di ricerca e sviluppo americana (a Palo Alto, California) ha dato le dimissioni, e DJI ha deciso di lasciare a casa l’intero reparto, che conta (contava) circa una decina di persone. Poco prima aveva dato le dimissioni anche il principale responsabile per la sicurezza pubblica, che aveva avuto un ruolo chiave nel fornire droni DJI alla pubblica amministrazione americana (non militare).
DJI NON MOLLA GLI USA
Le informazioni condivise da Reuters sono ufficiose, ottenute parlando con oltre una ventina di dipendenti, attuali e passati; DJI ha rilasciato alcune conferme, ma ha anche cercato di non mettere troppo l’accento sul momento di difficoltà causato dai provvedimenti americani. Per esempio, ha detto che l’anno scorso l’organico aziendale americano era diventato “troppo difficile da gestire”, e che i dipendenti sono stati licenziati per assecondare meglio “le necessità in evoluzione” dell’azienda; ma ha anche precisato che nonostante le indiscrezioni infondate messe in circolazione dalla concorrenza, i dati trattati da DJI sono perfettamente al sicuro e che la società continua a impegnarsi per rimanere in Nord America.