Si fa sempre più fatica a reperire la fibra ottica: la pandemia di COVID-19 ha causato un’impennata dell’uso di vari servizi cloud e i colossi del settore, come Google, Amazon e Facebook/Meta, hanno investito somme ingenti nell’ampliamento dei loro data center. Contestualmente, molti governi hanno intensificato gli sforzi di distribuzione della banda ultra-larga, anche in ottica mobile/5G. Questo ha causato un graduale incremento del prezzo della fibra, che ora ha raggiunto mediamente il 70% in più rispetto al minimo storico di marzo 2021: secondo Cru Group, da 3,70 dollari al km si è passati a 6,30 dollari al km.
La società di analisi nota che le difficoltà riguardano prevalentemente Europa, India e Cina. Siamo arrivati a un punto in cui i prezzi sono lievitati talmente tanto da mettere in dubbio la capacità di raggiungere gli obiettivi imposti dai governi per 5G e banda ultra-larga nel breve/medio termine. Resta da capire inoltre se ciò avrà ripercussioni sulla connettività globale. In tutto questo, il consumo di cavi in fibra ottica è continuato ad aumentare nei primi mesi del 2022: si parla di un +8,1% globale – il Nord America è la regione in cui la crescita è più rapida, con ben il 15% su base annua. Per quantità pure, la Cina è in testa: rappresenta da sola il 46% dell’intero settore.
La fonte osserva che la carenza di fibra ottica è la conseguenza di un effetto domino che inizia ben più a monte nella supply chain globale. Una delle materie prime fondamentali per la produzione del bene è l’elio, che scarseggia ormai da un paio d’anni anche per via di una serie di disservizi e chiusure di varie fabbriche in USA e Russia; il suo prezzo è cresciuto del 135% in due anni. Destino analogo è toccato al tetracloruro di silicio, il cui prezzo è salito di “solo” il 50%.