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La pandemia ha realmente cambiato il modo di lavorare delle persone? Un conto sono le buone promesse, un altro le vere decisioni prese dalle aziende – pubbliche o private che siano – ora che la morsa dell’emergenza si è leggermente allentata (purtroppo non ovunque, e nemmeno del tutto). Tutti parlavano di smart working come della nuova normalità, tutti affermavano che “mai sarà più come prima“, eppure pian piano sono tanti i casi in cui le dirigenze richiamano negli uffici i dipendenti, con la scusa che in presenza alla fine si lavora meglio.

E che ne è dei grandi del mondo tech? Nel pieno del lockdown ci sono state tante promesse, da Twitter che consentirà ai propri lavoratori di svolgere le loro attività da casa per sempre, così come Facebook (ma solo per la metà della forza lavoro) e per tante altre realtà. Così, tra una titubanza e l’altra, arriva anche la decisione di Google che opta per una soluzione ibrida: si torna in ufficio, sì (con restyling degli spazi compreso), ma nel contempo si offre anche l’opportunità di alternare il lavoro in presenza con quello da casa (almeno ancora per qualche mese) e per alcuni viene aperta la porta dello smart working al 100%. In soldoni:

  • il 60% dei lavoratori alternerà l’attività in presenza allo smart working nell’arco della settimana
  • il 20% potrà lavorare in presenza in altre sedi dell’azienda
  • il 20% potrà lavorare in totale smart working

Il lavoro a distanza non è solo un beneficio per il dipendente – meno stress per lo spostamento casa-lavoro-casa, risparmio di tempo e di denaro, maggior flessibilità – ma anche (e a quanto pare soprattutto) per l’azienda stessa: la casa madre Alphabet ha affermato di aver risparmiato nel solo primo trimestre dell’anno 268 milioni di dollari in termini di (mancate) missioni, viaggi ed eventi. Estendendo questo valore all’intero 2021, si stima un risparmio complessivo di circa 1 miliardo di dollari.


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Di admin