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Google pensa di rendere Fuchsia in grado di eseguire applicazioni Linux e Android senza bisogno di modificarle, e senza ricorrere alle virtual machine. L’idea è di implementare un “traduttore”, chiamato Starnix, capace di rendere le istruzioni inviate dalle applicazioni comprensibili al kernel del sistema operativo.

Questo permetterebbe a Fuchsia di essere competitivo fin da subito per quanto riguarda il parco app, che al giorno d’oggi è essenziale per la sopravvivenza di qualsiasi ecosistema. Le implicazioni di Starnix sono molto profonde, visto che un sistema del genere garantirebbe una compatibilità piena e totale con entrambi gli ecosistemi, a qualsiasi livello di codice e senza eccezioni.

UN’ALTERNATIVA ALLE VM

Le macchine virtuali sono un sistema più diffuso per l’esecuzione di programmi compilati per sistemi operativi diversi, ma hanno alcune limitazioni. Per cominciare, la condivisione dei file tra il sistema operativo della VM e quello nativo del dispositivo può essere complicata e meno “trasparente” di quanto si auspicherebbe; e le prestazioni dei software virtualizzati sono spesso tangibilmente inferiori rispetto a quelli nativi. Fuchsia inoltre auspica alla massima sicurezza tra i programmi, rendendoli di fatto isolati l’uno dall’altro; ciò comporterebbe l’esecuzione di molteplici macchine virtuali, una per programma, causando un ulteriore crollo delle prestazioni. È lecito aspettarsi che anche un interprete come Starnix potrebbe causare un po’ di collo di bottiglia, ma probabilmente meno significativo delle classiche VM.


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Di admin