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Che piaccia o no questa definizione – chi scrive propende per il no – ci stiamo spostando verso un new normal: possiamo definirlo come vogliamo, fatto sta che la pandemia ha inevitabilmente creato un prima e un dopo, così come avvenuto in occasione di tutti i più grandi eventi della storia. Il distanziamento sociale ci ha insegnato ad essere più digitali, e proprio la necessità di spostare (parzialmente o del tutto) le nostre vite dalla realtà al virtuale ha messo in evidenza punti di forza e lacune dei sistemi di rete attuali, nazionali e non. Huawei ha pubblicato il Global Connectivity Index 2020, in cui viene stilata la classifica delle economie digitali mondiali tenendo in considerazione diversi parametri.

FRONTRUNNER, ADOPTER E STARTER

Il report sottolinea come la tecnologia sia l’elemento su cui basare il processo di ripristino dell’economia mondiale (il new normal, appunto): è con la tecnologia che si può tornare a crescere, a patto che si verifichino certe condizioni. Ne vengono identificate alcune: connessione di rete efficace per lavoro e studio a distanza, cloud, intelligenza artificiale, IoT, riduzione dei costi delle reti e dei data center. E il GCI (Global Connectivity Index) si pone proprio l’obiettivo di verificare come le economie mondiali si stiano affidando alla tecnologia per uscire dalla crisi.

Lo studio divide i 79 Paesi presi in considerazione in tre distinti gruppi: Starter, Adopter e Frontrunner. I primi sono quelli che nel tempo hanno mostrato più criticità – tra questi sono presenti diversi Paesi in Via di Sviluppo – mentre i terzi (i Frontrunner) sono quelli che corrono di più, i più virtuosi, diciamo. Qui troviamo gli USA (al primo posto), Singapore, Svizzera, e giù fino al 20° posto occupato dall’Austria. In mezzo ci sono gli Adopter, tra cui figura l’Italia in un’anonima 26° posizione tra Portogallo e Lituania. I punteggi vengono dati sulla base del ruolo dell’ICT nell’economia del Paese in termini di investimenti, maturità, prestazione economica digitale.


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Di admin