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La crisi dei chip che un po’ tutto il mondo sta attraversando è una conseguenza dell’accentramento di buona parte della capacità produttiva mondiale in una sola regione – quella asiatica, per giunta, storicamente imprevedibile. Sono le considerazioni di Pat Gelsinger, attuale amministratore delegato di Intel, pronunciate nel corso di un’intervista con la rubrica 60 Minutes di CBS News. 25 anni fa gli Stati Uniti rappresentavano il 37% della produzione globale di semiconduttori; oggi, invece, solo il 12%. L’Asia, nel frattempo, ha accumulato ben il 75% delle quote di mercato. Basare l’intera supply chain su praticamente una sola regione è una strategia rischiosa, dice Gelsinger.

Al momento le due fonderie più importanti al mondo sono la taiwanese TSMC e la sudcoreana Samsung. Intel segue, ma in questo periodo storico si trova un po’ in difficoltà – rispetto alle altre due, Chipzilla ha faticato a stare al passo con la riduzione dei processi produttivi, e mentre TSMC è già proiettata verso i 4 nm Intel rimane ancora ferma ai 10 nm. È molto importante osservare che questo parametro non ha più l’importanza di una volta – la densità di transistor del processo Intel a 10 nm è leggermente superiore a quella dei 7 nm di Samsung e TSMC, per esempio – ma anche Intel stessa afferma che è ora di rimboccarsi le maniche e rimettersi in pari.

Anzi, potremmo argomentare che proprio questa consapevolezza permetterà a Intel di ritornare al top: se sai qual è il tuo problema puoi iniziare a lavorare per risolverlo. Gelsinger ritiene che per tornare sulla vetta la sua società impiegherà un paio d’anni – e dovrà investire somme di denaro ingenti: a questo proposito, Intel ha detto che spenderà 3,5 miliardi di dollari per ampliare la sua fonderia di Rio Rancho, in New Mexico, e ha confermato l’intenzione di dedicare 20 miliardi di dollari alla costruzione di due nuove fonderie in Arizona.


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Di admin